Fonte: http://globalresearch.ca/PrintArticle.php?articleId=23548
[Parte I]
Gli Stati Uniti e la NATO stanno sostenendo un’insurrezione armata in Libia orientale, al fine di giustificare un “intervento umanitario”. Questo non è un movimento di protesta non violento, come in Egitto e Tunisia. Le condizioni in Libia sono profondamente diverse. L’insurrezione armata in Libia orientale è direttamente supportata da potenze straniere. L’insurrezione a Bengasi ha subito issato la bandiera rossa, nera e verde con la mezzaluna e la stella: la bandiera della monarchia di re Idris, che simboleggiava il dominio delle ex potenze coloniali. (Cfr. Manlio Dinucci, Libia-Quando la memoria storica è cancellata, Global Research, 28 Febbraio 2011)
I consiglieri militari e le forze speciali USA e NATO sono già sul terreno. L’operazione è stata pianificata per farla coincidere con il movimento di protesta nei paesi arabi vicini. L’opinione pubblica è stata indotta a credere che il movimento di protesta si sia diffuso spontaneamente dalla Tunisia e dall’Egitto verso la Libia. L’amministrazione Obama, in consultazione con i suoi alleati, assiste una ribellione armata, cioè un tentativo di colpo di Stato:
“L’amministrazione Obama è pronta ad offrire qualsiasi tipo di assistenza a cittadini libici che cercano di cacciare Muammar Gheddafi”, ha detto la segretaria di Stato Hillary Clinton [27 Febbraio] “abbiamo raggiunto diversi libici che stanno tentando di organizzarsi in Oriente mentre inoltre la rivoluzione si sposta verso ovest”, ha detto Clinton. “Penso che sia troppo presto per dire come andrà a finire, ma abbiamo intenzione di essere pronti e preparati ad offrire qualsiasi tipo di assistenza che chiunque voglia ricevere dagli Stati Uniti.” Attualmente si sta formando un governo provvisorio nella parte orientale del paese, dove la ribellione è iniziata a metà mese.
Gli Stati Uniti, ha detto Clinton, minacciano ulteriori misure contro il governo di Gheddafi, ma non ha detto dove o quando potrebbero essere annunciate. Gli Stati Uniti dovrebbero “riconoscere un governo provvisorio, che stanno cercando di impostare...” [McCain]
Lieberman ha parlato in termini analoghi, sollecitando “un sostegno tangibile, (una) no-fly zone, il riconoscimento del governo rivoluzionario, il governo dei cittadini e sostenerli sia con l’assistenza umanitaria sia, io vorrei, fornendogli armi“.
(Clinton: US ready to aid to Libyan opposition - Associated Press, 27 febbraio 2011)
L’invasione pianificata
Un intervento militare è oggi contemplato dalle forze USA e della NATO, nel quadro di un “mandato umanitario“.
“Gli Stati Uniti stanno muovendo forze aero-navali nella regione” per “preparare una gamma completa di opzioni” nel confronto con la Libia: ha detto il portavoce del Pentagono, il colonnello dei Marines Dave Lapan [Marzo 1]. Ha poi detto che “E’ stato il presidente Obama che ha chiesto ai militari di prepararsi a queste opzioni”, perché la situazione in Libia peggiora.” (Manlio Dinucci, Preparativi per l’”Operazione Libia”: Il Pentagono “riposiziona” le sue forze aeronavali…, Global Research, 3 marzo 2011)
Il vero obiettivo dell’”Operazione Libia” non è quello di stabilire la democrazia, ma di prendere possesso delle riserve di petrolio della Libia, destabilizzare la National Oil Corporation (NOC) e, infine, la privatizzazione dell’industria petrolifera del paese, vale a dire trasferire il controllo e la proprietà delle ricchezze petrolifere della Libia nelle mani straniere. La National Oil Corporation (NOC) è classificata tra le prime 25 compagnie petrolifere del Mondo. (The Energy Intelligence ranks NOC 25 among the world’s Top 100 companies. – Libyaonline.com)
La Libia è tra le più grandi economie petrolifere del mondo, con circa il 3,5% delle riserve mondiali di petrolio, più del doppio di quelle degli Stati Uniti (per ulteriori dettagli vedere la Parte II del presente articolo, “Operazione Libia” e la battaglia per il petrolio).
La pianificata invasione della Libia è già in corso nell’ambito della più ampia “battaglia per il petrolio“. Quasi l’80 per cento delle riserve di petrolio della Libia si trova nel bacino del Golfo della Sirte, nella Libia orientale.
Le ipotesi strategiche dietro l’”Operazione Libia” ricordano i precedenti impegni militari USA-NATO in Jugoslavia e in Iraq.
In Jugoslavia, le forze USA-NATO innescarono una guerra civile. L’obiettivo era quello di creare divisioni politiche ed etniche, che alla fine hanno portato alla dissoluzione di un intero paese. Questo obiettivo è stato raggiunto attraverso il finanziamento occulto e la formazione di eserciti armati paramilitari, prima in Bosnia (l’esercito bosniaco musulmano, 1991-95) e poi in Kosovo (Kosovo Liberation Army (UCK), 1998-1999). Sia in Kosovo che in Bosnia, la disinformazione dei media (comprese menzogne e invenzioni) è stata utilizzata a sostegno delle rivendicazioni di Stati Uniti ed Unione Europea, secondo cui il governo di Belgrado aveva commesso atrocità, con ciò giustificando un intervento militare per motivi umanitari.
Ironia della sorte, l’”Operazione Jugoslavia” è ora sulla bocca dei responsabili della politica estera degli Stati Uniti: il senatore Lieberman ha paragonato la situazione in Libia agli eventi nei Balcani negli anni ’90, quando disse che gli USA “intervennero per fermare un genocidio contro i bosniaci. E la prima cosa che abbiamo fatto è stata quello di fornir loro le armi per difendersi. Questo è ciò che penso si debba fare in Libia” (Clinton: US ready to aid to Libyan opposition – Associated Press, 27 febbraio 2011)
Lo scenario strategico sarebbe quello di sostenere la formazione e il riconoscimento di un governo ad interim nella provincia secessionista, al fine di spezzare il paese. Questa opzione è già in corso. L’invasione della Libia è già cominciata.
“Centinaia di consiglieri militari statunitensi, francesi e britannici sono arrivati in Cirenaica, la provincia orientale separatista della Libia [...]. I consiglieri, tra cui ufficiali dei servizi segreti, sono sbarcati da navi da guerra e da motovedette lanciamissili, nelle città costiere di Bengasi e Tobruk” (DEBKAfile, US military advisers in Cyrenaica, 25 febbraio 2011)
Le forze speciali statunitensi e alleate sono sul terreno, in Libia orientale, fornendo sostegno segreto ai ribelli. Ciò è diventato evidente allorché dei commando inglesi delle forze speciali (SAS) sono stati arrestati nella regione di Bengasi. Agivano come consiglieri militari delle forze di opposizione:
“Otto commando delle forze speciali britanniche, in missione segreta per mettere dei diplomatici britannici in contatto con gli avversari principali del Col Muammar Gheddafi in Libia, sono finiti umiliati, dopo essere stati detenuti dalle forze ribelli nella parte orientale della Libia, riportava oggi The Sunday Times. Gli uomini, armati, ma in abiti civili, hanno sostenuto che erano lì per controllare se l’opposizione aveva bisogno di aiuto e offrirglielo” (Top UK commandos captured by rebel forces in Libya: Report, Indian Express, 6 marzo 2011)
Le forze SAS sono state arrestate mentre scortavano una “rappresentanza diplomatica” britannica, che era entrata illegalmente nel paese (senza dubbio da una nave da guerra britannica) per discussioni con i leader della ribellione. Il Foreign Office britannico ha riconosciuto che “un piccolo team di diplomatici britannici [era] stato inviato nella Libia orientale per avviare contatti con l’opposizione in rivolta“. (UK diplomatic team leaves Libya – World – CBC News, 6 marzo 2011).
Ironia della sorte, non solo le relazioni confermano l’intervento militare occidentale (tra cui alcune centinaia di forze speciali), ma anche riconoscono che la ribellione era fermamente contraria alla presenza illegale di truppe straniere sul suolo libico:
“L’intervento delle SAS ha fatto arrabbiare alcuni esponenti dell’opposizione libica, i quali hanno ordinato ai soldati di rinchiuderli in una base militare. Gli oppositori di Gheddafi temono che possa usare le prove dell’interferenza militare occidentale per avere il sostegno patriottico al suo regime“. (Reuters, 6 marzo 2011)
Il “diplomatico” britannico catturato con sette soldati delle forze speciali, era un membro dell’Intelligence inglese, un agente dell’MI6 in “missione segreta”. (The Sun, 7 marzo 2011)
Come confermato dalle dichiarazioni della NATO e degli Stati Uniti, sono state fornite armi alle forze di opposizione. Ci sono indizi, anche se finora nessuna prova evidente, che sono state consegnate armi agli insorti, già prima della repressione dei ribelli. Con ogni probabilità, i consiglieri militari e dell’intelligence USA-NATO erano presenti sul terreno, anche prima dell’insurrezione. Questo è stato il modello applicato in Kosovo: le forze speciali sostennero e addestrarono l”esercito di liberazione del Kosovo (UCK) nei mesi precedenti la campagna di bombardamenti e l’invasione della Jugoslavia del 1999.
Mentre si svolgono gli eventi, tuttavia, le forze del governo libiche hanno ripreso il controllo delle posizioni che erano state prese dai ribelli:
“La grande forza offensiva pro-Gheddafi lanciata [il 4 marzo] per strappare ai ribelli il controllo delle più importanti città e dei centri petroliferi della Libia, ha portato [il 5 marzo] alla riconquista della città chiave di Zawiya e della maggior parte delle città petrolifere del Golfo della Sirte. A Washington e a Londra, i discorsi per un intervento militare a fianco dell’opposizione libica, sono stati silenziati dalla consapevolezza che l’intelligence su entrambi i lati del conflitto libico, è troppo imprecisa, per servire come base del processo decisionale” (Debkafile, Qaddafi pushes rebels back. Obama names Libya intel panel, 5 marzo 2011)
Il movimento di opposizione è fortemente diviso sulla questione di un intervento straniero. La divisione è tra il movimento popolare, da un lato, e i “leader” dell’insurrezione armata supportati dagli Stati Uniti, che favoriscono l’intervento militare straniero su “basi umanitarie“. La maggioranza della popolazione libica, sia i sostenitori sia gli oppositori del regime, sono fermamente contrari a qualsiasi forma di intervento esterno.
Disinformazione dei Media
I grandi obiettivi strategici alla base della proposta invasione non sono menzionati dai media. A seguito della campagna ingannevole dei media, in cui le notizie sono state letteralmente fabbricate, senza riferire su quanto stava realmente accadendo sul terreno, un vasto settore dell’opinione pubblica internazionale ha accordato il suo convinto sostegno ad interventi stranieri, per motivi umanitari.
L’invasione è sul tavolo del Pentagono. E’ previsto che verrà effettuata indipendentemente dalle richieste del popolo della Libia, tra cui gli oppositori del regime, i quali hanno espresso la loro avversione all’intervento militare straniero in deroga alla sovranità della nazione.
Schieramento delle forze aeronavali
Se questo intervento militare si realizzasse, sfocerebbe in una guerra totale, una guerra lampo, che implicherebbe il bombardamento di obiettivi militari e civili. A tal proposito, il generale James Mattis, comandante del Comando Centrale Usa (USCENTCOM), ha lasciato intendere che la creazione di una “no fly zone” includerebbe de facto una campagna di bombardamento, puntando tra l’altro alla difesa aerea della Libia:
‘Sarebbe una operazione militare – non sarebbe giusto dire alla gente che si tratta di non far volare degli aeroplani.’ ‘Si dovrebbe eliminare la difesa aerea, al fine di istituire una no-fly zone, quindi non facciamoci illusioni’ (US general warns no-fly zone could lead to all-out war in Libya, Mail Online, 5 marzo 2011).
Una massiccia potenza navale USA e alleata ha preso posizione lungo le coste libiche. Il Pentagono sta muovendo le sue navi da guerra nel Mediterraneo. La portaerei USS Enterprise aveva attraversato il Canale di Suez pochi giorni dopo l’insurrezione (Enterprise.navy.mil).
Le navi da assalto anfibio statunitensi, USS Ponce e USS Kearsarge, sono state dispiegate nel Mediterraneo. 400 marinse statunitensi sono stati inviati sull’isola greca di Creta “prima del loro impiego sulle navi da guerra al largo della Libia” (“Operation Libya”: US Marines on Crete for Libyan deployment, Times of Malta, 3 marzo 2011).
Nel frattempo Germania, Francia, Gran Bretagna, Canada e Italia sono in procinto di schierare navi da guerra lungo le coste libiche. La Germania ha dispiegato tre navi da guerra con il pretesto di assistere l’evacuazione dei profughi al confine libico-tunisino. “La Francia ha deciso di inviare la Mistral, la sua portaelicotteri che, secondo il Ministero della Difesa, contribuirà alla evacuazione di migliaia di egiziani” (Towards the Coasts of Libya: US, French and British Warships Enter the Mediterranean, Agenzia Giornalistica Italia, 3 marzo 2011)
Il Canada ha inviato (2 marzo) la Fregata HMCS Charlottetown. Nel frattempo, la 17.ma US Air Force, denominata US Air Force Africa e dislocata nella Air Force Base di Ramstein in Germania, assiste l’evacuazione dei rifugiati. Le strutture dell’aviazione USA-NATO in Gran Bretagna, Italia, Francia e Medio Oriente sono in standby.
Traduzione di Alessandro Lattanzio