A fine Marzo è oramai chiaro che la ‘rivolta popolare’ o meglio, la rivoluzione colorata con cui si è tentato di rivestire il golpe con cui abbattere la Jamahiriya, è fallita. Il piano era in preparazione almeno dal 20 ottobre 2010, quando il governo francese aveva invitato a Tunisi Nouri Mesmari, capo del protocollo del governo Libico, e il giorno successivo giungeva a Parigi, dove in pratica resta in esilio ad organizzare il golpe.
“Sicuramente ai primi di novembre sono visti entrare all’Hotel Concorde Lafayette di Parigi, dove Mesmari soggiorna, alcuni stretti collaboratori del presidente francese Sarkozy. Il 16 novembre c’e’ una fila di auto blu fuori dall’hotel. Nella suite di Mesmari si svolge una lunga e fitta riunione. Due giorni dopo parte per Bengasi una strana e fitta delegazione commerciale francese. Ci sono funzionari del ministero dell’Agricoltura, dirigenti della France Export Cereales e della France Agrimer e manager della Soufflet, della Louis Dreyfus, della Glencore, della Cani Cereales, della Cargill e della Conagra.” Una missione commerciale che serve a coprire un gruppo di militari e di agenti dell’intelligence che a Bengasi incontrarono il colonnello dell’aeronautica libica Abdallah Gehani, disposto a disertare e che aveva contatti con dei dissidenti tunisini.
Il 28 novembre, a seguito delle indagini del controspionaggio libico, Tripoli emette un mandato di cattura internazionale nei confronti di Mesmari, che viene trasmesso anche alla Francia. Gli uomini di Sarkozy inscenano un finto arresto, che si tramuta in una confortevole permanenza parigina per il complottatore bengasino. Mesmari, dopo aver chiesto ufficialmente alla Francia asilo politico svela i segreti della difesa militare e delle alleanze diplomatiche e finanziarie della Libia, descrivendo il quadro dei possibili dissidenti disposti a passare con le forze nemiche di Tripoli. Dopo aver respinto i successivi tentativi di contatto del governo libico, Mesmari, il 23 dicembre 2010 incontra i transfughi politici Farj Charrant, Fathi Boukhris e Alì Ounes Mansouri, che diverranno i dirigenti della presunta rivolta popolare di Bengasi. I tre sono accompagnati da funzionari dell’Eliseo e da dirigenti del servizio segreto francese (DGSE).
A Gennaio 2011 la Francia è pronta ad avviare il golpe contro il governo Libico. Il 22 gennaio il comandante del controspionaggio in Cirenaica, il Generale Aoudh Saaiti, fa arrestare il colonnello dell’aeronautica Gehani, collegamento occulto dei servizi francesi con la rete dei prossimi rivoltosi. Rivolta che esplode egualmente il 17 febbraio a Bengasi. Da subito, gli Israeliani indicano la presenza di elementi esterni e stranieri dietro la ‘rivolta popolare’. Decine, e poi centinaia, di ‘consiglieri‘ militari ed agenti dei servizi segreti statunitensi, britannici e francesi, sono sbarcati a Bengasi e a Tobruk almeno fin dal 2 febbraio 2011, per creare e alimentare la rivolta. Lo scopo della loro missione era triplice: aiutare i comitati rivoluzionari a stabilire infrastrutture governative; organizzare i rivoltosi in unità paramilitari, addestrandoli all’uso delle armi; preparare l’arrivo di altre unità militari straniere, forse egiziane e saudite, oltre a reparti di ex-guerriglieri in Afghanistan, gli ‘afgansy’, collegati con l’universo islamista egiziano e saudita.
Di fatti erano giunti a Bengasi cannoni anticarro da 106 millimetri di provenienza NATO, con munizionamento inglese, e armi antiaeree, il tutto camuffato da aiuti umanitari alla popolazione civile; da ciò si può ben comprendere quale sia, in realtà, il vero delle ONG umanitarie che reclamano fin dall’inizio delle ostilità, l’istituzione di ‘corridoi umanitari’ per la popolazione civile (nome in codice per indicare i mercenari e la guerriglia anti-Jamahiriya). Camuffate da aiuti umanitari le armi, camuffati da volontari umanitari i gli istruttori militari occidentali che, appena sbarcati, iniziano l’addestramento dei rivoltosi; mentre commandos di incursori iniziavano a compiere operazioni clandestine di sabotaggi e provocazione. Tutto ciò, secondo le fonti interne francesi, avviene da ben prima della risoluzione 1973, adottata dal consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 17 marzo, che chiede “un immediato cessate il fuoco” e autorizza la comunità internazionale ad istituire una no-fly zone in Libia e a utilizzare tutti i mezzi necessari per proteggere i civili. Lo stesso ministro degli interni francese, Claude Guéant, aveva parlato di «una crociata» riferendosi all’operato di Sarkozy.
L’insieme delle operazioni clandestine anglo-francesi rientra dell’ambito dell’operazione South Mistral. La cui versione ufficiale, ovvero le operazioni di bombardamento sotto mandato ONU; sono denominate Harmattan, in francese, o Ellamy, in inglese, che a loro volta rientrano nell’operazione Odissey Dawn, voluta dal salotto dirittumanitarista di sinistra di Washington, che ha le sue massime espressioni nella segretaria di stato USA Hillary Rodham Clinton, nell’ambasciatrice USA all’ONU Susan Rice e nell’intellettuale-gangster Samantha Power, notoria cantrice dell’interventismo armato umanitario internazionale degli USA.*
Gli screzi non sono mancati, comunque, all’interno del disomogeneo fronte anti-Jamahiriya, che è stato formato rappattumando svariati gruppi e clan spinti alla rivolta con motivazioni e per interessi differenti. Ai primi di marzo, due agenti dell’MI6 e sei incursori delle SAS inglesi, mentre stavano scortando un diplomatico britannico, appena scesi dall’elicottero che li aveva trasportati nella loro zona operativa, a Bengasi, furono catturati dai guardiani di una fattoria e consegnati alla fazione in ribelle gestita dai francesi o dagli egiziani, e non dagli inglesi. Interrogati, non avevano svelato nulla ed erano stati poi esfiltrati e fatti rientrare con la fregata HMS Cumberland. Secondo The Times, la presenza inaspettata di questa unità “avrebbe irritato gli esponenti dell’opposizione libica, che hanno trasferito i soldati in una base militare“. In effetti, questi elementi sono aggregati ai circa 200 militari dello Scottish Royal Regiment, reparto inglese rientrato dall’Afghanistan nel 2009, che partecipa alle operazioni militari coperte da azioni umanitarie e sgombero. Il ministro della Difesa britannico aveva ammesso che questi militari operano nel bengasino da almeno tre settimane: ufficialmente per assistere piloti abbattuti.
Lo scopo di questo tipo di operazioni, di questo dispiegamento sul campo di reparti speciali, era anche quello di approfittare del caos a Tunisi e Cairo, per consentire l’ingresso dai due paesi confinanti con la Libia, di mercenari, volontari islamisti e almeno un centinaio di membri dell’Unità 777, le forze speciali egiziane, tutti inviati per fornire sostegno tecnico, nuovi armamenti e appoggio tattico alla presunta spontanea ‘rivolta popolare libica‘.
* Il jetset cosmopolita che l’intellettualità di sinistra italiana, soggetta a un perpetuo senso di inferiorità, ama frequentare e celebrare con assiduità. Si ricordi, tal riguardo, dei non casuali articoli panegirici della direttrice dell’Unità Concita Degregorio verso questo bel mondo cosmopolita.
* Alessandro Lattanzio è redattore della rivista “Eurasia”